Istruzioni operative in materia di residenza fiscale delle persone fisiche e delle società ed enti a seguito delle modifiche del Dlgs n. 209/2023
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 20/E del 4 novembre 2024, ha fornito istruzioni operative agli Uffici, per garantire l’uniformità di azione in merito alle novità introdotte dal Decreto legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023 che ha dato attuazione a taluni degli interventi previsti dalla Legge delega (legge n. 111/2023) con la quale è stata conferita all’Esecutivo la delega per la revisione del sistema tributario nazionale, al fine di improntarlo ad una maggiore coerenza e uniformità con i principi previsti dalla Ue, dall’Ocse e dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sottoscritte dall’Italia.
La legge delega prevede la revisione della normativa in materia di residenza fiscale delle persone fisiche e delle società ed enti. Unitamente alla finalità di armonizzare la normativa a livello internazionale, le modifiche perseguono anche l’obiettivo di garantire maggiore certezza giuridica e di ridurre i contenziosi.
I cambiamenti introdotti sono di grande rilevanza perché incidono sul radicamento della residenza fiscale in Italia, presupposto impositivo fondamentale per il nostro ordinamento, basato sul principio della tassazione del reddito mondiale (c.d. worldwide taxation principle).
Ricordiamo che i residenti in Italia sono tassati nel nostro Paese su tutti i redditi, ovunque prodotti, mentre i non residenti sono assoggettati a tassazione per i soli redditi che si considerano prodotti nel territorio dello Stato.
Per le persone fisiche il Decreto legislativo n. 209 ha previsto significative novità, scindendo la nozione fiscale di domicilio dall’accezione civilistica a cui era ricondotta, prevedendo un criterio del tutto nuovo consistente nella presenza fisica nel territorio dello Stato e attribuendo al dato formale dell’iscrizione anagrafica la valenza di presunzione relativa.
Per le società e gli enti il Decreto legislativo ha espunto il criterio dell’oggetto principale e il presupposto della sede dell’amministrazione è stato declinato nei concetti della ‘sede di direzione effettiva’ e della ‘gestione ordinaria in via principale’.
Sia per le persone fisiche che per le società e gli enti, l’accertamento della residenza fiscale presuppone il riscontro di elementi fattuali che non può essere operato in sede di interpello.
Parte I. La residenza delle persone fisiche
La prima parte della circolare, dopo un breve excursus sulla disciplina della residenza vigente fino allo scorso 31 dicembre, illustra le novità introdotte dall’articolo 2 del Tuir a partire dal periodo d’imposta 2024.
Il Decreto ha introdotto una nuova definizione di residenza fiscale per le persone fisiche ai fini delle imposte sui redditi. La riforma conserva l’impianto proprio del Tuir secondo il quale la residenza fiscale delle persone fisiche si considera in Italia al ricorrere alternativo, per la maggior parte del periodo d’imposta, di uno dei criteri di collegamento indicati dalla norma. Trova conferma che ai fini del computo della maggior parte del periodo d’imposta si ha riguardo anche a periodi non consecutivi nel corso dell’anno, sommandoli tra loro. Pertanto, ai fini della residenza fiscale in Italia, non occorre che i criteri di collegamento richiesti dalla norma ricorrano in modo continuativo ed ininterrotto, ma basta che si verifichino per 183 (o 184 in caso di anno bisestile) giorni nel corso di un anno solare.
La riforma non ha modificato il criterio di collegamento consistente nella configurazione della ‘residenza ai sensi del codice civile’ nel territorio dello Stato, in relazione al quale restano validi i chiarimenti già forniti nella prassi dell’Agenzia delle Entrate e dalla giurisprudenza di legittimità.
Il legislatore ha apportato modifiche ai criteri del domicilio e dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente e ha introdotto un nuovo criterio che consiste nella presenza fisica nel territorio dello Stato.
In merito al domicilio il nuovo articolo 2, comma 2, del Tuir ha fornito una nuova definizione, secondo la quale ‘per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona’. La nuova definizione privilegia le relazioni personali e familiari rispetto a quelle economiche, consentendo, altresì, di risolvere, a partire dal periodo d’imposta 2024, le incertezze che si sono venute a creare negli anni in virtù del rinvio nel previgente articolo 2 del Tuir al domicilio civilistico.
La circolare chiarisce che nella nozione di ‘relazioni personali e familiari’ rientrano i rapporti disciplinati dalle vigenti disposizioni normative (ad esempio il rapporto di coniugio o il rapporto di unione civile) e le relazioni personali connotate da un carattere di stabilità. Può assumere rilievo anche la dimensione stabile dei rapporti sociali del contribuente nella misura in cui risulti da elementi certi.
Al fine di valutare la configurazione del domicilio di una persona nel nostro Stato, si devono considerare anche le condotte con le quali una persona manifesta con atti concreti la volontà di mantenere un legame effettivo con il territorio italiano.
Il nuovo criterio di radicamento della residenza basato sulla presenza fisica in Italia è un criterio oggettivo che richiede la presenza fisica di un soggetto nel territorio dello Stato italiano, a prescindere dalle motivazioni di tale presenza. Pensiamo, ad esempio, alla persona fisica che trascorre in Italia la maggior parte del periodo d’imposta, anche se in modalità frazionata, per vacanza o per motivi di studio. Pensiamo anche a chi viene a svolgere la propria attività lavorativa nel territorio dello Stato, pur mantenendo la residenza, la famiglia e gli altri legami affettivi all’estero.
Trattandosi di un dato fattuale, la presenza fisica può essere riscontrata in base a elementi che ne attestano la materiale permanenza nel territorio dello Stato, anche non continuativa, per un preciso numero di giorni o frazioni di giorno.
Qualora la presenza fisica risulti da una pluralità di dati fattuali, il contribuente potrà dimostrare di avere effettivamente trascorso in Italia periodi che, cumulativamente considerati, non consentono di raggiungere il limite minimo di permanenza nel nostro Paese per la configurazione della residenza in Italia. In relazione al criterio della presenza fisica, ai fini del conteggio della permanenza nel territorio dello Stato, rilevano anche le frazioni di giorno.
In merito alle modalità di calcolo, per stabilire se è integrato il presupposto della maggior parte del periodo d’imposta, occorre procedere a un riscontro puntuale. In particolare, ai fini del calcolo complessivo della presenza fisica nel territorio dello Stato, si tiene conto della permanenza entro i confini nazionali per una qualunque frazione di giorno.
Per effetto delle nuove norme, la permanenza in Italia del lavoratore in smart working per 183 (o 184 giorni, in caso di anno bisestile) giorni determina, di per sé, la residenza fiscale nel nostro Paese. Nel caso in cui il lavoratore in smart working abbia radicato la propria residenza fiscale nel territorio dello Stato, dovrà assoggettare a tassazione in Italia tutti i suoi redditi, ovunque prodotti, e non solo quelli derivanti dalla propria attività lavorativa. Per quanto concerne i lavoratori in smart working dall’estero, resta inteso che integrano la residenza fiscale in Italia anche le persone fisiche che, pur lavorando in smart working da uno Stato estero, dove sono fisicamente presenti per 183 giorni l’anno (184 giorni se anno bisestile), soddisfino per la maggior parte del periodo d’imposta almeno uno degli altri tre criteri di collegamento individuati dall’articolo 2, comma 2, del Tuir.
Su imput del diritto internazionale il decreto ha conferito efficacia di presunzione relativa al criterio dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente. Le disposizioni previgenti parlavano, invece, di una presunzione assoluta. Grazie a questa modifica i contribuenti ora hanno la possibilità di dimostrare che il dato formale è disatteso da una differente situazione fattuale. Di conseguenza, gli iscritti nell’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta continuano ad essere considerati fiscalmente residenti in Italia, a meno che non dimostrino che l’iscrizione anagrafica non corrisponde ad una residenza effettiva in Italia.
Sulla base di elementi oggettivamente riscontrabili, il contribuente è in grado di dimostrare che, per la maggior parte del periodo d’imposta, non ha avuto in Italia né la residenza civilistica, né il domicilio e non è stato presente fisicamente nel territorio dello Stato.
Continua, invece, a trovare applicazione la presunzione legale relativa di residenza fiscale in Italia per i cittadini italiani ‘cancellati dalle anagrafi della popolazione residente’ e trasferiti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato. La lista dei Paesi interessati dalla presunzione è stata aggiornata dal decreto del Mef del 20 luglio 2023.
Il Decreto dispone che le nuove regole trovano applicazione a partire dal 1°gennaio 2024. Pertanto, la nuova definizione di residenza fiscale italiana vale a partire dal periodo d’imposta 2024. Per i periodi d’imposta fino al 2023 resta, invece, applicabile la vecchia disciplina prevista nel previgente articolo 2, comma 2, del Tuir.
Il documento di prassi amministrativa si sofferma sui rapporti tra la normativa interna e la disciplina contenuta nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con i Paesi esteri. La prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno è pacificamente riconosciuta e, in ambito tributario, sancita dall’art 169 del Tuir e dall’art. 75 Dpr n. 600/1973.
In merito alle persone fisiche, l’art. 4 del Modello di Convenzione Ocse individua la residenza fiscale ai fini convenzionali rimandando alla definizione adottata nella legislazione interna di ciascuno degli Stati contraenti.
Nei casi in cui le normative interne dei Paesi contraenti entrino in conflitto, qualificando entrambe una persona come residente ai fini fiscali nel rispettivo Stato, trova applicazione il paragrafo 2 che prevede l’applicazione al caso concreto di specifiche regole (tie breaker rules) che consentono di attribuire la residenza ad uno solo dei due Paesi.
Le novità introdotte dal Decreto possono dar vita a fattispecie inedite di conflitto sulla residenza che richiederanno di essere risolte con l’applicazione delle tie breaker rules ovvero con le regole convenzionali.
Un caso che viene in rilievo è quello dei lavoratori frontalieri provenienti da Paesi confinanti con l’Italia, che, essendo presenti nel nostro Stato nella maggior parte dei giorni dell’anno, sono suscettibili di integrare il nuovo criterio di radicamento della residenza in Italia basato sulla presenza fisica. La circolare chiarisce che in tale ipotesi, il conflitto di residenza con l’Italia potrà essere risolto facendo applicazione delle tie breaker rules contenute nella Convenzione contro le doppie imposizioni.
Parte II. La residenza delle società e degli enti
Nella seconda parte della circolare l’Agenzia delle Entrate si sofferma sulla trattazione dei nuovi criteri di radicamento della residenza fiscale di società ed enti, illustrando la vecchia disciplina e quella in vigore prevista dall’articolo 73, commi 3 e 5, lettera d) del Tuir.
Le nuove regole dispongono che sono considerati residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Si tratta di tre criteri alternativi tra loro. Ciò significa che è sufficiente uno solo di essi per configurare la residenza in Italia. L’importante è che la sussistenza del criterio si protragga per la maggior parte del periodo d’imposta.
La nuova formulazione delle disposizioni in commento ha degradato da assoluta a relativa la presunzione di residenza fiscale in Italia dei trust, consentendo al contribuente di fornire prova contraria della residenza fiscale del trust.
La sede di direzione effettiva e la sede di gestione ordinaria in via principale diventano i nuovi criteri di collegamento della residenza fiscale in Italia. In continuità con le previsioni della normativa previgente, resta invariato il criterio formale della sede legale in Italia e restano immutate la regola dell’alternatività dei tre criteri, bastandone uno solo per configurare la residenza in Italia, e la necessità che la sussistenza del criterio si protragga per la maggior parte del periodo d’imposta.
Criterio della sede di direzione effettiva. L’articolo 73, comma 3, del Tuir fornisce una nuova definizione di sede di direzione effettiva stabilendo che: ‘s’intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso’. La circolare specifica che non rileva ai fini della determinazione della residenza fiscale in Italia il luogo in cui sono assunte le decisioni da parte dei soci, fatta eccezione per quelle aventi contenuto gestorio.
Il criterio di nuova introduzione riferito alla sede della gestione ordinaria in via principale ha una autonoma rilevanza e si pone in rapporto di alternatività con il criterio della sede di direzione effettiva. Per gestione ordinaria in via principale va inteso ‘il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso’ .
L’introduzione dei criteri di collegamento della sede di direzione effettiva e della sede di gestione ordinaria in via principale mira a garantire maggior certezza giuridica nei rapporti tra fisco e contribuente, ancorando il presupposto di residenza fiscale in Italia di società ed enti ad elementi concreti e fattuali, in un’ottica di prevalenza della sostanza sulla forma.
La nuova disciplina trova applicazione a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023. Pertanto, si applica dal 1°gennaio 2024 per le società e gli enti aventi l’esercizio d’impresa coincidente con l’anno solare.
Per le società o gli enti con esercizio non coincidente con l’anno solare la nuova determinazione della residenza fiscale è efficace dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023, mentre continua a trovare applicazione la disciplina previgente nel periodo d’imposta in corso fino alla chiusura dell’esercizio a cavallo d’anno.